La felicità: traguardo possibile di una una comunità ancora condizionata. Dal film “Into the Wild” (2007).

di Paolo Cavaleri

CINETICA – Si dice che non esista una realtà oggettiva, ognuno di noi vede le cose come una traiettoria delle proprie convinzioni.
Tuttavia, vivere oggi significa anche saper interagire con l’altro, non è sempre facile coniugare le intenzioni comuni.
Ma ci sono davvero intenzioni comuni? Potremmo davvero cooperare per lo stesso obiettivo?
Lo so … è complicato, l’uomo è complicato e quindi la sua possibilità della tanto ricercata felicità:
sempre sognata e per tutti diversa, sarà l’unica cosa che potrai condividere anche con gli sconosciuti.
Credo comunque, viste le diseguaglianze, che si possa davvero andare oltre le soggettive aspirazioni, alzarsi a un livello superiore di umanità al fine di non perdere persone che passano in questa vita, perché avrebbero potuto continuare a dare, vivere, sognare … insomma a ispirare tutti.

Questa che propongo è una storia vera, una di quelle vissute da pochi, sentita da molti e compresa solo da chi l’ha vissuta davvero, una storia che vorrei potesse riecheggiare per sempre.
In fondo, in tutti noi vive un Alexander Superstramp.

INTO THE WILD – Nelle terre selvagge (2007)

“ Così ora dopo due anni di cammino arriva l’ultima e più grande avventura, l’apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore, suggella vittoriosamente la rivoluzione spirituale


Anni novanta, America. Chris è un giovane laureato col massimo dei voti in una delle grandi università del paese.
Suo padre è un ingegnere della NASA e sua madre ha una società di consulenze. Unendo le capacità, i due genitori si costruiscono uno stile di vita tipico delle famiglie dal reddito medio alto.
Orgogliosi del traguardo del figlio lo spingono ad amplificare quella iniziale impronta sociale.
Solo la ragazza percepisce come suo fratello sia sempre più in completa rottura con questo modello.
Brillante studente, legge autori come H.D.Thoreau, Jack London e Lev Tolstoj, non proprio in linea con lo stile di vita americano, come lui del resto non lo è con i progetti imposti.

Percependo così una immediata dissonanza, nella proposta dei genitori di comprargli una macchina nuova, andrà via: devolve i suoi ventiquattromila dollari in beneficenza e parte per la sua desiderata Alaska, in un viaggio che come destinazione ha la natura selvaggia per la sua ricerca interiore.
Ma prima di questa solo un sostanziale cambiamento: il nome. Si farà chiamare Alexander Supertramp.

Compagni di viaggio

Dunque all’avventura, dove si imbatterà in un due hippy che in realtà conoscendolo si ricordano che desideravano un figlio, qui Chris affronta una delle sue più grandi paure: l’acqua, riesce a fare un bagno in pieno oceano, poi farà il raccoglitore di grano in un’azienda agricola, una nuova famiglia di amici che lascerà con l’arresto del capo.
Continuerà il suo viaggio scendendo un fiume in Kayak incontrando una coppia danese. Riesce a passare il confine con il Messico ma riprenderà poi la strada per il nord, alla ricerca di quella che è la sua ultima meta: l’Alaska, e ancora, il lavoro in un McDonald e il ritrovo dei suoi amici hippy con una dichiarata, e mai vissuta, passione di una giovane chitarrista, fino all’incontro con un militare in pensione che lavora il cuoio col quale stringerà un rapporto paterno.
Dormire in grotta per giorni, viaggiare di notte su treni merce, per ritrovarsi ancora in quella che nella sua testa è la vera giungla, la città. Scappato da qui ancora una volta in quei modi e costumi per lui troppo stretti, trova il suo Magic Bus, dove può coltivare la vera essenza della sua identità. Impara dunque a cacciare, ad accendere il fuoco per cuocere, a prendere i pesci dal letto del fiume, a lavarsi con una doccia da lui ideata.

Ma vi è sempre un prezzo da pagare, siamo liberi quando le azioni si perpetuano in armonia con i limiti dell’ambiente dove viviamo. E forse Chris, che è un ragazzo alla ricerca di sé stesso, in fondo è sempre un essere civile in una natura selvaggia.



Guarda Osserva Comprendi

Into The Wild è una pellicola del 2007 ispirata alla vera storia di Christopher Johnson McCandless, ventitreenne nato nel 1968 e morto nel 1992.

Iperbole di un giovane che ritirato dalla società civile, in questi trent’anni, ha incuriosito tutto il mondo in seguito al ritrovamento del suo corpo nell’estate de ’92. Molte cose del film sono riprese dal diario realmente scritto in quei giorni del Nord America. Inoltre Jon Krakauer, scrittore e saggista, ne ha steso un libro dal titolo “Nelle terre estreme” .

“Chris stava cercando in realtà di non essere trovato”

Interpretato da Emile Hirsch e diretto da Sean Penn, questo film racconta una storia forte, scomoda, bellissima perché reale, ma realmente triste perché mostra come i disagi nei rapporti possano portare a delle scelte estreme quando il dialogo è assente. Procedendo a salti temporali dell’ avventura e flashback della sua vita, come personaggio nel film ha un’aspettativa sul futuro del tutto personale.
Sui genitori: -“ l’unica cosa che sanno è che sono innocenti, non farebbero del male a nessuno” – .

Questa considerazione, unita a una normale volontà di fuggire da doveri imposti e contornata dalla lettura di autori come Thoreau, London, Tolstoj, lo portano a misurarsi in un contesto alternativo, credendo che sia la soluzione.

I suoi genitori hanno aspettative incongruenti con quelle dei figli, essi sono consumisti e arrogantemente efficienti, una ferale efficienza votata esclusivamente alla gerarchia sociale. Chris essendo silenziosamente infelice si avventura agli antipodi del percorso prestabilito, tenta quindi di essere felice.

Attenzione però, egli non è totalmente infelice, ma sente che lo sarà sempre di più, quindi il suo viaggio lo porta alla riscoperta di ciò che sta perdendo: la sua vera natura.
È in disarmonia con la società: – “Non capisco perché le persone sono così cattive con il prossimo … non ha senso per me il giudizio, il controllo” -.

L’unica persona che probabilmente accetta la sua scelta è la sorella:

– “
Era qualcosa di più della ribellione, di più della rabbia a guidarlo ” – .

Egli non vuole perdere la sua essenza, intesa come sguardo spirituale sulle cose. È l’indottrinamento delle università, i limiti della legge americana e il costante godimento di un consumismo che trova pace solo se invidiato dall’altro, che la sua anima non sopporta: sono i limiti di una sistema che lo privano della sua felicità personale a spingerlo nella natura selvaggia, quella stessa natura che ne imporrà altri.


Buona visione
C’è una citazione di Denis Diderot, “Esiste una sola passione, la passione per la felicità”.
Il protagonista è un esempio di come la sua passione per la vita, lo porti in un cammino, e proprio grazie a questo, e sfortunatamente per gli eventi dello stesso, giungerà a una conclusione inaspettata.
Così, solo nelle terre selvagge, è stato il percorso a renderlo felice quasi quanto la sua destinazione, e finalmente comprende che … la felicità è vera solo se condivisa .

Riguardando questo film, avrei voluto una fine diversa, per raccontare un viaggio di ritorno e magari sistemare quei rapporti che intercorrono nei contesti familiari, ma le circostanze giocano a sfavore.

Che questa storia possa essere una motivazione a spingersi oltre i limiti della propria mente, ma soprattutto a resistere a queste violenze civilizzate e ai sogni morti che fanno comodo solo a chi dice che può elargire un nostro diritto. Di diritto dovrebbe esisterne solo uno, quello alla vita, e di regole solo una:
vivere per sé stessi ma senza usare e/o ostacolare gli altri, il resto come si dice verrà da sé … almeno si spera.

Buona ricerca della nostra personale felicità.

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